Quando un dipendente presenta le sue dimissioni, è tenuto a rispettare un periodo di preavviso durante il quale continua a lavorare fino alla data stabilita per la cessazione del rapporto di lavoro. Tuttavia, cosa succede se il datore di lavoro rinuncia alla prestazione lavorativa durante questo periodo? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6782 del 2024, ha recentemente affrontato questa questione, confermando il principio per cui, in questi casi, il lavoratore non ha diritto all’indennità sostitutiva del preavviso. Ma come si giunge a questa conclusione? Approfondiamo i vari aspetti della questione.
Cosa prevede il preavviso in caso di dimissioni?
Il preavviso è un periodo obbligatorio che deve essere rispettato sia dal datore di lavoro che dal lavoratore in caso di risoluzione del contratto di lavoro a tempo indeterminato. La sua funzione principale è quella di dare il tempo necessario alla parte che subisce il recesso di organizzarsi, sia per trovare un sostituto (nel caso del datore di lavoro) che per cercare un nuovo impiego (nel caso del lavoratore). In alternativa al preavviso, è prevista la possibilità di versare un’indennità sostitutiva.
Cosa succede se il datore di lavoro rinuncia al preavviso?
La rinuncia alla prestazione lavorativa durante il preavviso è una facoltà che può essere esercitata dal datore di lavoro, ma ha conseguenze specifiche. Quando il datore rinuncia, esonera il dipendente dall’obbligo di prestare servizio per l’intera durata del preavviso. La domanda che si pone in questi casi è se tale rinuncia comporti il diritto del dipendente a ricevere l’indennità sostitutiva del preavviso.
La posizione della Corte di Cassazione
Nell’ordinanza n. 6782 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito il principio secondo cui, nel caso di dimissioni del lavoratore, il datore di lavoro non è obbligato a corrispondere l’indennità sostitutiva del preavviso se rinuncia alla prestazione lavorativa durante il periodo di preavviso. La ragione è che il preavviso ha natura obbligatoria e non imperativa, il che significa che la parte che subisce il recesso (in questo caso, il datore di lavoro) può rinunciarvi liberamente.
Qual è la funzione del preavviso?
Il preavviso ha una doppia funzione:
- Nel caso di licenziamento, garantisce al lavoratore un periodo di retribuzione continua, dandogli tempo per trovare un nuovo lavoro.
- Nel caso di dimissioni, serve a dare al datore di lavoro il tempo necessario per organizzare una sostituzione o pianificare la gestione dell’attività senza il lavoratore dimissionario.
Cosa significa rinunciare al preavviso?
Quando il datore di lavoro decide di rinunciare al preavviso, libera il lavoratore dall’obbligo di prestare servizio per il periodo stabilito. La rinuncia, però, non comporta alcun obbligo per il datore di lavoro di pagare l’indennità sostitutiva del preavviso, poiché il preavviso stesso può essere considerato un obbligo facoltativo.
La rinuncia al preavviso è possibile in qualsiasi caso?
Sì, la rinuncia al preavviso è sempre possibile. In generale, il datore di lavoro può rinunciare al preavviso richiesto al lavoratore, e viceversa, il lavoratore può rinunciare al preavviso richiesto dal datore in caso di licenziamento. Tuttavia, ciò non genera alcun obbligo di indennizzo se la rinuncia è volontaria.
E se il lavoratore non accetta la rinuncia?
Il lavoratore dimissionario non può opporsi alla rinuncia del datore di lavoro al preavviso, in quanto il preavviso è un diritto che appartiene a chi subisce il recesso, non a chi lo provoca. Se il datore rinuncia alla prestazione lavorativa, il lavoratore non può rivendicare la prosecuzione del rapporto di lavoro fino alla fine del periodo di preavviso.
Esempio giurisprudenziale: il caso dei dirigenti
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27934 del 2021, ha esaminato un caso specifico riguardante un dirigente dimissionario. In tale circostanza, il dirigente aveva accettato l’esonero dal preavviso, ma successivamente aveva avanzato una richiesta di pagamento dell’indennità sostitutiva. La Cassazione ha rigettato la sua richiesta, confermando che, accettando l’esonero, non aveva diritto all’indennità sostitutiva, poiché il preavviso era stato volontariamente rinunciato.
La natura obbligatoria del preavviso
Il principio chiave alla base della decisione della Cassazione è che il preavviso ha natura obbligatoria ma non imperativa. Questo significa che la parte che subisce il recesso ha il diritto di richiedere l’esecuzione del preavviso o l’indennità sostitutiva, ma può anche decidere di rinunciare a tali diritti senza che sorgano ulteriori obblighi.
Il preavviso nel diritto del lavoro italiano
Nel diritto del lavoro italiano, il preavviso è regolamentato dal Codice Civile e dai contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL). In generale, le norme prevedono che il periodo di preavviso vari a seconda dell’anzianità del lavoratore e della tipologia di contratto. Ad esempio, nei rapporti di lavoro dirigenziali, il preavviso può durare fino a sei mesi, mentre per altre categorie può essere di poche settimane.
Conclusione
In sintesi, la rinuncia alla prestazione lavorativa durante il preavviso da parte del datore di lavoro non comporta il diritto per il dipendente a ricevere l’indennità sostitutiva del preavviso. Questo principio, consolidato dalla giurisprudenza, riconosce la natura obbligatoria ma rinunciabile del preavviso.
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