Se il concetto di “mobbing” è entrato nel vocabolario comune di lavoratori e datori di lavoro, meno risonanza ha il termine “straining”, nonostante sempre più spesso si senta pronunciare nelle aule di giustizia.

Il concetto di straining – letteralmente “mettere sotto pressione” – presenta diverse similitudini con il più noto fenomeno del mobbing: si può dire che ne costituisca una forma attenuata.

Ma come distinguerli?

Per mobbing si intende una condotta del datore di lavoro o del superiore gerarchico che si risolve in sistematici e reiterati comportamenti ostili nei confronti del lavoratore, che finiscono per assumere forme di prevaricazione o di persecuzione psicologica, da cui può conseguire la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente, con effetto lesivo del suo equilibrio psichico-fisico e del complesso della sua personalità.

Ai fini della configurabilità del mobbing il lavoratore deve fornire la prova di comportamenti vessatori molteplici e reiterati nel tempo, unificati da un medesimo disegno persecutorio.

La prova a carico del lavoratore è dunque particolarmente complessa, essendo quest’ultimo non soltanto tenuto a provare l’elemento oggettivo, dato da un complesso di condotte vessatorie, ma anche quello soggettivo, ossia un preciso intento persecutorio.

Lo straining alleggerisce gli oneri probatori a carico del dipendente: l’illecito, infatti, si configura anche in assenza di una continuità di azioni ostili e di un strategia mirata alla base di tutti i comportamenti lesivi.

Per la giurisprudenza, ai fini della configurabilità della responsabilità datoriale, è sufficiente che il datore di lavoro consenta, anche colposamente, il mantenersi di un ambiente stressogeno fonte di danno alla salute dei lavoratori ovvero ponga in essere comportamenti, anche in sé non illegittimi, ma tali da poter indurre disagi o stress, che si manifestino isolatamente o invece si connettano ad altri comportamenti inadempienti, contribuendo ad inasprire gli effetti e la gravità del pregiudizi per la personalità e la salute del dipendente.

In altri termini, lo straining si configura anche in presenza di un’azione nociva isolata del datore di lavoro o, comunque, di più azioni prive di continuità, che determinino una condizione di stress psicologico forzato e più intenso rispetto a quello connaturato al normale contesto lavorativo,  idoneo a causare un danno alla salute del dipendente. Un lavoratore che subisce tale situazione stressogena potrebbe infatti risentirne in termini di autostima, relazioni sociali e qualità della vita, riportando disturbi di adattamento con grave frustrazione, ansia e umore depresso.

Esempi tipici di straining sono stati riconosciuti nel caso di demansionamento, dequalificazione, isolamento, privazione degli strumenti di lavoro, costrizione all’inattività, marginalizzazione, esclusione dal flusso di informazione, pressioni indebite per il raggiungimento di obiettivi irrealistici e imposizione di carichi di lavoro eccessivi.

Anche queste azioni, al pari di quelle integranti il mobbing, sono considerate lesive dell’art. 2087 c.c. e, come tali, violano l’obbligo datoriale di tutela dell’integrità fisica e della personalità morale del dipendente, causando alla vittima un danno esistenziale legato al peggioramento della sua qualità di vita, oltre a un danno biologico derivante dalla compromissione della salute psicofisica della persona e dalle conseguenti sofferenze morali patite.

Lo straining apre così la strada a nuovi profili risarcitori, ampliando significativamente la tutela del lavoratore nel caso di condotte vessatorie del datore di lavoro: non solo, infatti, il lavoratore è tutelato contro ogni forma di violazione dell’art. 2087 c.c. e della normativa in materia di tutela della salute negli ambienti di lavoro, ma può ottenere il risarcimento del danno, se pur in forma attenuata, quand’anche qualifichi in giudizio la domanda in termini di mobbing senza riuscire a fornire la complessa prova di tutti gli elementi costitutivi, essendo nel potere del giudice riqualificare l’originaria domanda e identificare nelle condotte vessatorie denunciate gli estremi dello straining.