Dopo il comunicato stampa del 1° dicembre 2022, che annunciava il rigetto delle diverse questioni di legittimità costituzionale concernenti l’obbligo vaccinale contro il Covid-19, il 9 febbraio 2023 sono state depositate le motivazioni delle tre sentenze pronunciate dalla Corte Costituzionale.

Con la sentenza n. 14 del 2023 la Corte, in linea di continuità con la propria giurisprudenza in materia di trattamenti sanitari obbligatori, ha ritenuto che la scelta assunta dal legislatore non sia né irragionevole né sproporzionata alla luce della situazione epidemiologica e dei dati forniti dalle autorità scientifico-sanitarie in merito alla sicurezza e all’efficacia dei vaccini.

La pronuncia offre inoltre chiarimenti in merito alla liceità di trattamenti sanitari che, perseguendo la tutela della salute collettiva, comportino conseguenze indesiderate per il singolo: secondo la Corte “il rischio remoto, non eliminabile, che si possano verificare eventi avversi anche gravi sulla salute del singolo, non rende di per sé costituzionalmente illegittima la previsione di un trattamento sanitario obbligatorio, ma costituisce semmai titolo all’indennizzo”.

Quanto, infine, alla censura di contraddittorietà di una disciplina che impone il consenso a fronte dell’obbligatorietà della vaccinazione, la Corte ha precisato che il singolo resta libero di scegliere se adempiere ovvero sottrarsi all’obbligo vaccinale “assumendosi responsabilmente, in questo secondo caso, le conseguenze previste dalla legge”.

Da tali conclusioni non si discosta la seconda pronuncia, n. 15 del 2023, che – intervenendo in particolare sull’obbligo imposto ai lavoratori delle strutture residenziali socio-assistenziali e socio-sanitarie – ha ribadito la non contrarietà ai principi di ragionevolezza ed uguaglianza della scelta legislativa di non prevedere per i lavoratori del settore sanitario che abbiano scelto di non vaccinarsi, , a differenza di quanto previsto per il personale scolastico, il c.d. repêchage.

La ragione – spiega la Corte – risiede nel maggior rischio di contagio, non solo per sé ma per l’intera collettività, correlato all’esercizio delle professioni sanitarie.

Anche il mancato riconoscimento dell’assegno alimentare è stato ritenuto un effetto legittimo: per la Corte non è costituzionalmente dovuta al lavoratore inadempiente all’obbligo vaccinale un’erogazione solidaristica, non essendo comparabile la posizione di quest’ultimo – che decide spontaneamente di sottrarsi alle condizioni di sicurezza che rendono la sua prestazione lavorativa, nei termini normativi, legittimamente esercitabile – con quella del lavoratore sospeso dal servizio in conseguenza a procedimento penale o disciplinare, al quale è invece riconosciuta una contribuzione assistenziale in ragione della rinuncia unilaterale del datore di lavoro di avvalersi della sua prestazione a causa di comportamenti  che richiedono di essere accertati in vista della prosecuzione del rapporto.

In conclusione, la Corte Costituzionale ha ritenuto che gli effetti dell’inosservanza dell’obbligo vaccinale riversatisi sul rapporto di lavoro non siano irragionevoli né sproporzionati, non avendo il sacrificio imposto agli operatori sanitari ecceduto quanto indispensabile per il raggiungimento dello scopo pubblico di riduzione della circolazione del virus ed essendo stato modulato in relazione all’andamento epidemiologico.

Per la Corte l’imposizione dell’obbligo vaccinale ai sanitari ha consentito di perseguire, oltre alla tutela della salute di una categoria di lavoratori maggiormente esposta al contagio, anche quella dei pazienti che vi entravano in contatto, evitando l’interruzione di servizi essenziali per la collettività. “Era necessario assumere iniziative che, nel loro complesso, consentissero di proteggere la salute dei singoli e, ad un tempo, di porre le strutture sanitarie al riparo dal rischio di non poter svolgere la propria insostituibile funzione per la mancanza di operatori sanitari”.

Sulla scia delle precedenti pronunce, con la sentenza n. 16 del 2023 la Corte Costituzionale ha ritenuto inammissibile, per ragioni processuali, la questione relativa alla impossibilità per gli esercenti le professioni sanitarie che non abbiano adempiuto all’obbligo vaccinale di svolgere l’attività lavorativa, quand’anche non implichi contatti interpersonali o il rischio di diffusione del virus.

Le tre sentenze, nel loro complesso, aggiungono un tassello alla giurisprudenza costituzionale in materia di vaccinazioni obbligatorie, sciogliendo finalmente i dubbi di legittimità che per mesi hanno costituito oggetto di dibattito – così come continuano a costituirlo tutt’oggi – nelle aule di giustizia.