Il 23 gennaio 2023 la Corte di Cassazione ha pubblicato la sentenza n. 1936 che costituisce un importante approdo in tema di consenso informato e responsabilità del medico, e, se applicata al contesto sociosanitario residenziale, suscita particolare interesse.

L’applicazione all’ambito sociosanitario residenziale dei principi di matrice giurisprudenziale in tema di consenso informato, confluiti nella L. 219/2017, costituisce infatti un’indiscutibile area di rischio. La pronuncia in commento deve indurre una riflessione sull’importanza del momento dell’informazione, pur nella consapevolezza che, per potersi accertare la sussistenza di una condotta colposa e un danno risarcibile, non sarà sufficiente verificare l’esaustività o meno dell’informazione rilasciata dal sanitario, ma si dovrà accertare in concreto se, in presenza di una diversa informazione, il paziente avrebbe operato una scelta differente secondo un giudizio di probabilità logica.

La Suprema Corte ha infatti ritenuto indispensabile, al fine di valutare la responsabilità del medico, accertare se e in che misura sussista il nesso di causa tra il atto colposo del medico (l’omessa informazione al paziente) e l’evento di danno (le complicanze o l’evento avverso).

In secondo grado, la Corte di Appello di Milano aveva presupposto che l’unica condotta colposa ascrivibile al medico fosse l’omessa informazione del paziente sulle alternative terapeutiche, violando quindi i princìpi stabiliti dalla Cassazione in materia di nesso causale tra condotta colposa ed evento di danno (e cioè la c.d. “causalità materiale”).

La Corte d’Appello, così ragionando, ha mostrato dunque di ritenere che l’unica condotta colposa ascrivibile al medico fosse l’omessa informazione del paziente sulle alternative terapeutiche. Tuttavia, se l’omessa informazione fu l’unica condotta colposa tenuta dal medico, per condannare la struttura sanitaria al risarcimento del danno sarebbe stato necessario accertare l’esistenza d’un valido nesso di causa tra la suddetta omissione e il danno.

Di conseguenza, per affermare che l’omessa informazione fu causa materiale dell’evento di danno, la Corte d’Appello avrebbe dovuto ricostruire il nesso di condizionamento tra l’omessa informazione e l’evento di danno con un giudizio controfattuale: vale a dire ipotizzando cosa sarebbe accaduto se il medico avesse compiuto l’azione che invece mancò.

Il giudice di merito avrebbe dovuto conseguentemente accertare, con giudizio di probabilità logica, quali scelte avrebbe compiuto il paziente se fosse stato correttamente informato della possibilità di scegliere.

La Corte di Cassazione ha quindi riformato la sentenza d’appello che aveva condannato la struttura sanitaria al risarcimento del danno affermando il seguente principio: in assenza del giudizio controfattuale non si possono condannare il professionista e la struttura.